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Il sabato del Miraggio

Buon compleanno, Italia!

di Salvatore Di Cicco

Bandiera italiana

Ricordare una nascita, la nostra o quella di qualcuno a cui vogliamo bene, è sempre qualcosa che fa piacere. Se il compleanno, invece, riguarda non una singola persona ma un paese intero, allora il piacere diventa più profondo e più coinvolgente. Non solo per ricordare una data “storica”. La data di nascita di un paese, del nostro paese, è anche l’occasione per riflettere su noi stessi, sulla strada percorsa e su quella da percorrere, sui vizi e sulle virtù della società di cui facciamo parte.
Quella del 150° anniversario dell’unità d’Italia, dunque, è un’occasione più unica che rara per guardarci indietro e progettare il nostro futuro. In queste settimane tutti hanno voluto dire la propria ed è giusto che sia così. Partecipare alla disamina della nostra storia non fa certo male, anche e soprattutto quando qualcuno cerca di seminare zizzania per il proprio tornaconto personale o di partito. L’importante è che, alla base di tutto, ci sia e rimanga la buona fede.
Ma la cosa più importante riguarda i valori fondanti di un paese nato da secolari diatribe ma che ha trovato nella Costituzione repubblicana le basi più solide del suo futuro.
Non si tratta, come qualcuno tende a voler credere, di una bandiera da sventolare a seconda del vento che tira ma di un caposaldo per i rappresentanti del popolo, che non possono e non devono dimenticarlo.
Ora, che la Costituzione possa essere modificata è cosa possibile ma non si può pretendere di farlo sulla spinta di esigenze di parte. Bisogna invece coinvolgere il maggior numero di cittadini (o dei suoi rappresentanti) perché stiamo parlando delle fondamento del nostro ordinamento repubblicano.
Oggi, purtroppo, non ci sono le condizioni per andare avanti per apportare delle modifiche su una materia di questo tipo. Non solo. Si rischia di rompere il non facile equilibrio tra interessi contrastanti che rischiano di tornare indietro invece che guardare avanti. Oggi, insomma, tutto si dovrebbe fare fuorché dare picconate al monumento della nostra convivenza civile e politica. Se qualcuno continua a procedere su questa linea, invece, significa che c’è malafede e non desiderio di migliorare le cose.
Qual è, quindi, il problema che si pone a noi cittadini di uno stato giovane ma eredi di un evento traumatici come le due guerre mondiali e, soprattutto, la Resistenza. Chi ha vissuto in prima persona quelle esperienze sa bene ripete (giustamente) che bisogna far buon uso di conquiste che sono costate sangue, lutti e sacrifici inenarrabili.
Ecco, la memoria di chi ci ha preceduto ed ha sofferto per il nostro presente merita sicuramente rispetto e, a maggior ragione, certi principi vanno difesi e sostenuti con il massimo della forza morale.
Certo, i tempi che viviamo, per un motivo o per l’altro non inducono all’ottimismo ma non dimenticare quelli che sono gli elementi costitutivi del nostro vivere civile diventa proprio per questo un impegno di tutti nei confronti della società di oggi e, soprattutto, delle future generazioni.