LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto

Il Cielo sopra La Spezia

Spezia Talenti: il fuoco sotto la cenere. Mirko Baricchi

a life

Una nuova rubrica per dimostrare che anche a La Spezia ci sono eccellenze da conoscere ed esportare, esperienze che si sono distinte e si distinguono nell’ambito cittadino e spesso in giro per il mondo. Una serie di ritratti/interviste di nostri concittadini che operano nei settori più disparati: arte, cultura, imprenditoria, professioni, volontariato. Persone diverse tra loro, ma con una caratteristica in comune: tutti dotati del talento e della volontà necessari per essere punti di riferimento nel loro lavoro e tenere alto il nome della nostra città.

Primo ritratto: Mirko Baricchi, pittore.

Mirko Baricchi è nato a la Spezia il 12 aprile 1970.
Si diploma nel 1992 all’Istituto d’Arte Palazzo Spinelli di Firenze. Intraprende nel 1993 un viaggio che lo porta a diretto contatto con le arti visive centro americane. Si stabilisce a Città del Messico, lavorando come illustratore in una nota rivista. Nel 1994 ritorna in Italia.
Dal 1992 ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive in tutta Italia ed in Europa.
Vive e lavora a Rebocco, La Spezia, Italia, Mondo.

Mirko, raccontaci come hai iniziato.

E’ iniziato tutto quando mi sono reso conto che invece di fare le cose che facevano tutti i miei compagni, tipo giocare a pallone in Piazza Brin, sfondarsi di botte dalla mattina alla sera, eccetera, io passavo il mio tempo a leggere e ricopiare fumetti, a colorare, a disegnare, ad imparare a memoria “I Quindici”. Erano i profondi anni 80. Avevo sedici anni. Il mio professore d’educazione artistica aveva capito che ero portato e mi spronava ad andare avanti. Partivo per Milano, giravo nei negozi di fumetti, andavo alla fiera del Fumetto di Lucca, tutto di nascosto dai miei genitori. Poi ho iniziato ad andare per gallerie e case editrici di fumetti a far vedere le mie cose. Erano i tempi di Rank Xerox, Pazienza, Cannibale, Frigidaire, un periodo incredibile. Di lì in avanti non mi sono più fermato. Atteggiamenti compulsivi. Lavoravo sempre, in continuazione, come adesso. Dopo l’ITI, ho mollato tutto e mi sono iscritto all’Istituto d’Arte di Palazzo Spinelli a Firenze, un posto stimolante e multi culturale, poi il Messico e tutto il resto.

Quali sono i tratti salienti della tua ricerca pittorica?

Tutta la storia della buona pittura ha a che fare con quello che faccio adesso, io sono una spugna vivente, assorbo qualsiasi cosa. La mia pittura è il risultato del mio personale archivio iconografico. La mia è pura necessità di creare un’immagine, una ricerca salvifica. Per me dipingere è una sorta di pratica di autoanalisi, una catarsi.

Quindi potremmo dire che la tua è una pittura autoreferenziale.

Assolutamente sì. Ma ciò non vuol dire che sia solo intrinseca, è una pittura anche sociale, nel senso di una forza centrifuga, che porta fuori, ma che parte assolutamente dalla mia personalissima elaborazione della realtà.

Fai riferimento a qualche scuola/movimento artistico? Quali sono gli artisti che consideri tuoi maestri e punti di riferimento?

Chi ha scritto di me mi ha ricondotto a movimenti tipo la trans avanguardia o la scuola romana anni 80. Si sa, i critici hanno sempre il bisogno di etichettare. Per quanto mi riguarda, il miei punti di riferimento sono Antoni Tapies e Anselm Kiefer, ma le mie fonti di ispirazione sono praticamente tutti i media, come per esempio il cinema, in particolare quello di David Lynch.

Come giudichi il mondo dell’arte contemporanea nel nostro paese?

Tre passi indietro agli altri paesi Europei. Un mondo che cammina guardando le spalle degli altri. Spagna e Germania, per esempio, sono veramente avanti. E’ un’Italietta in cui ci sono troppe differenze tra regione e regione, dal punto di vista istituzionale, critico ed analitico. Il mercato dell’arte è un mercato molto forte, in cui girano cifre pazzesche, ma la meritocrazia non è proprio il punto di riferimento, piuttosto il marketing e le pubbliche relazioni.

E la situazione di Spezia? Perché vivi e lavori qui?

Lavoro qui perché mi piace stare qui. E’ fondamentalmente una questione morfologica, di paesaggio. Qui sono tranquillo, in un luogo bellissimo e con il mare, per me fondamentale. Ho viaggiato e vissuto in molti luoghi del mondo, ma come sto qui non sto da nessuna parte. Non c’è bisogno di vivere a New York per essere artisti ed io poi viaggio molto.
A Spezia l’arte contemporanea non esiste. C’è solamente grande dilettantismo e se ci togliamo Jacopo Benassi non rimane niente. Il CAMEC è una struttura bellissima ma gestita male, da quando è aperto hanno fatto solo due cose belle: le mostre di Pistoletto e Munari.

Cosa ti auguri per la nostra città?

Mi auguro che le nuove leve, se esistono, si facciano sentire con grande coraggio, andando contro tutto e tutti. Non è l’accademia che crea gli artisti, ma è l’esatto contrario. E questo vale per tutto, non solo per l’Arte. Sono le persone che cambiano le cose, non i politici.

Un consiglio ad un giovane artista che muove i primi passi in questo settore.

Armarsi di gran voglia di fare, avere necessità di fare e grande disciplina. Non esiste l’artista bohemien, esiste l’artista che lavora. Se hai sete bevi, se sei un’artista fai arte. E basta.

Se qui a La Spezia qualcuno volesse vedere le tue opere?

Galleria Cardelli-Fontana di Sarzana.