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I racconti della domenica

Peter Pan

di Gabriella Mignani

Effetti indesiderati

Fece ritorno nella sua vecchia casa alle sei e trenta del pomeriggio. Un pomeriggio interminabile di fine giugno, quando il solstizio è appena trascorso, ma il sole non si rassegna all’avanzare dei mesi più bui e sembra non voler tramontare mai. Era troppo presto, e troppo tardi. Per lei era tutto troppo. Fuori dal mondo e dallo spazio: lei era “fuori”. Anche la sua valigia era fuori, sul pianerottolo, la porta aperta: una sfida ai ladri, che già si erano presi tutto il suo passato. Un passato che oggi era fin troppo presente.
Un attimo di smarrimento, poi, decisa, spinse dentro il bagaglio e chiuse la porta. Si inoltrò nella casa solitaria, assaporando i brutti ricordi con un gusto amaro. Tutto, intorno a lei, era impregnato di giovinezza e di ricordi. Entrò nella sua vecchia camera da letto, sedette alla scrivania bianca, accavallò le gambe. Con calma, tirò fuori il cellulare dalla borsa e accese una sigaretta. Compose il prefisso, poi il numero. Troppi squilli per la sua impazienza. Infine, una voce nota, quella che aspettava. “Pronto”. – Gianni? – Sì, chi parla? – Sono Luisa. – Dove sei? – Non ha importanza, tra un po’ sarò lì. – Come mai? – Vengo ad ammazzarti. – Sei impazzita? Luisa, non dire queste cose per telefono, potrebbero sentirti… – Non me ne importa niente. – Ragiona, per favore, non lo hai mai fatto… Ma lei non lo ascoltava. “Così” continuò” ora avrai un alibi per dire che sono pazza. Ammesso che tu faccia in tempo. Perché, tra poche ore, sarai morto.” Ci fu un imbarazzato silenzio, dall’altra parte. “Non so perché continuo ad ascoltare le tue sciocchezze”, disse infine lui. “Ho paura per te, Luisa. Ascoltami: dovunque tu sia, prendi un tranquillante e, se puoi, fai una doccia. Poi, sicuramente, vedrai le cose in un altro modo…” – Le ho viste da tutte le angolature possibili, almeno le”mie”angolature. E non voglio vedere altro. Devo solo eliminare te, Gianni: in questo mondo, per me, sei di troppo. Ti sto avvertendo, perché voglio che tu rifletta, prima di morire. Devi avere il tempo di riflettere. – E di scappare. Lo capisci che sei anche stupida? Posso benissimo scappare, da qui a domani. – Non lo farai. – Neanche tu lo farai. Non ne avrai il coraggio. Sei la solita bambina. Sembri Peter Pan: non vuoi crescere. Crescere significa anche accettare che le cose finiscano. – È proprio questo che non voglio. Non voglio diventare come te e come gli altri che sono cresciuti. E non voglio che il fantasma di te mi perseguiti. Di quando eri come me. Di quando eri veramente tu, prima che il mondo ti travolgesse, ci travolgesse… Gianni. Scoppiò in singhiozzi. Non avrebbe voluto. Ma era impossibile, ormai, cambiare. Lui l’aveva ibernata in un ruolo da eterna adolescente. Lei l’avrebbe eliminato. Avrebbe ibernato lui, per sempre, nella propria mente, nel loro giardino incantato. Il ricordo non l’avrebbe tradita. Mai. Ma era necessario che lei eliminasse, prima possibile, quello sconosciuto che le parlava al telefono: quello non era Gianni. “Luisa… non fare così, ragiona!” urlava lo sconosciuto. E lei chiuse il telefono, tappandosi anche le orecchie per non sentire. Guardò, con indifferenza, il biglietto arancione sulla scrivania. “Volo AZ 415”. La valigia, con un cartellino dello stesso colore, era sul pavimento: non l’avrebbe neanche disfatta. Era molto stanca. Ora, un tranquillante era quello che ci voleva, poi una doccia, poi una bella dormita: Gianni l’avrebbe attesa. Con calma, andò in bagno, si sciacquò il viso, si guardò allo specchio. L’immagine riflessa non le piacque. Era quello Peter Pan? Era lei quell’essere asessuato e di età indefinibile? Senza esitare, aprì l’armadietto dei medicinali e, automaticamente, ingoiò una, due, tre, quattro… compresse. Tornò in camera, riprese il cellulare, rifece il numero. “Gianni” disse, quando sentì la voce nota, ma non potè proseguire, perché uno strano torpore l’invase, un torpore che era persino piacevole, nell’afa pesante della sera. Erano quasi le otto, ormai, ma il sole sfacciato di giugno illuminava ancora il viso di lei riverso sul mobile bianco. Il suo ultimo pensiero fu che, finalmente, Peter Pan ritornava a volare.