Fuori provincia - Quasi la totalità della popolazione tra i giovani e gli ultra 65enni ha indossato la mascherina nei luoghi pubblici chiusi e sui mezzi di trasporto. Tra gli anziani l’84% ha dichiarato che è disponibile a vaccinarsi contro Sars-Cov-2; ma anche nella popolazione adulta la disponibilità a vaccinarsi sembra elevata (67%). Sono i primi risultati di un approfondimento realizzato nell’ambito delle sorveglianze Passi e Passi d’Argento, coordinate dall’Istituto superiore di sanità, nei mesi tra agosto e novembre su un campione di 2.700 intervistati, attraverso il modulo Covid.
Complessivamente, il 67% degli intervistati 18-69enni dichiara che sarebbe disposto a vaccinarsi (metà risponde che lo farebbe senza esitazione, l’altra metà risponde che lo farebbe con molta probabilità). Le persone più istruite sono maggiormente disposte a vaccinarsi (71% fra le persone con diploma di scuola superiore o laurea e 56% fra chi ha conseguito al più la licenzia media); qualche differenza si osserva per risorse finanziarie (69% fra chi non ha difficoltà economiche, il 63% di chi ne ha) e per genere ( gli uomini sono più propensi delle donne a vaccinarsi, 74% vs 60%).
L’età non disegna un vero gradiente ma mostra che i più giovani, 18-34enni, sarebbero ben disposti a vaccinarsi più di altri (76%) rispetto ai 50-69enni (67%) e ai 35-49enni (59%). Fra gli ultra 65enni la disponibilità a vaccinarsi è decisamente più alta che nel resto della popolazione: l’84% dichiara che sarebbe disposto a farlo (il 57% certamente, il 28% probabilmente) e non sembrano esserci sostanziali differenze nei sottogruppi della popolazione, si conferma che sarebbero gli uomini più delle donne (il 90% contro il 79%) disponibili a farlo.
“I risultati di questa survey – dice Silvio Brusaferro, presidente dell’ISS - mostrano un atteggiamento di responsabilità degli italiani che, nonostante i sacrifici, hanno sostanzialmente rispettato le misure con costanza ma anche con una prospettiva di fiducia nella scienza. I dati inoltre hanno un valore fondamentale poiché orientano sui bisogni di continuità socioassistenziale. In questi mesi di emergenza sanitaria, infatti, è necessario alzare il livello di attenzione sui bisogni legati alle conseguenze della “fatica pandemica” e questi dati sono importanti indicazioni soprattutto per la tutela dei più fragili”.