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Dal Rio Bravo alla Patagonia

La vittoria degli indigeni boliviani

di Orsetta Bellani

Indigeni Bolivia

Il presidente boliviano Evo Morales aveva annunciato che non sarebbe tornato indietro sulla sua decisione, ma la determinazione dei manifestanti l’ha fatto ricredere. Abbiamo già parlato (28 agosto) della marcia di 600 chilometri che la Confederazione dei Popoli Indigeni Boliviana ha deciso di intraprendere contro la costruzione di un’autostrada che avrebbe dovuto attraversare il Parco Nazionale Isiboro Sécure, con il conseguente danno ecologico che un progetto di questo tipo può causare. Dopo due mesi e mezzo, la vicenda si è conclusa con una vittoria da parte dei manifestanti.
La mobilitazione indigena ha trovato molto spazio nei media latinoamericani, che hanno raccontato la solidarietà che la marcia ha ricevuto dagli abitanti dei luoghi attraversati, ma anche le espressioni di dissenso. Il presidente Morales si è più volte incontrato con i rappresentanti delle comunità, ma i tentativi di apertura al dialogo si sono sempre rivelati fallimentari.
Il momento di tensione maggiore si è registrato a fine settembre a Yucumo, dove i sostenitori del governo hanno eretto barricate per fermare la marcia diretta alla capitale La Paz. Quando il cancelliere David Choquehuanca si è avvicinato ai manifestanti, questi lo hanno preso in ostaggio e messo alla testa del corteo, in modo da farsi spazio tra i sostenitori di Morales e i poliziotti mandati dal governo per evitare scontri tra i due gruppi. In seguito furono proprio i poliziotti ad attaccare i manifestanti, causando un’ondata di proteste in tutto il paese e le dimissioni di quattro personaggi chiave del Governo Morales.
Il giorno seguente il presidente, che sostiene di non avere dato ordine ai poliziotti affinché utilizzassero violenza sui manifestanti, annunciò la convocazione di un referendum nei dipartimenti interessati dal progetto, quelli di Beni e Cochabamba: “Sospendiamo il progetto di costruzione della strada. Che decida il popolo”, ha dichiarato, convinto che l’80 o 90% dei votanti lo avrebbe appoggiato.
Intanto però, la marcia indigena ha continuato il suo cammino verso La Paz. Morales non ha mai smesso di accusare i manifestanti di essere pilotati dalla destra e dagli Stati Uniti, intenzionati a destabilizzare il governo progressista boliviano e boicottare le elezioni del 16 ottobre, in cui i cittadini sono stati chiamati a votare, in forma diretta, 56 giudici che opereranno in vari tribunali del paese.
Ad ogni modo, a fine ottobre Morales ha annunciato la sospensione dei lavori del tratto di autostrada che avrebbe dovuto attraversare il Parco Nazionale Isiboro Sécure. È la seconda volta che il presidente boliviano sospende un piano ufficiale per appoggiare una richiesta della popolazione: era già successo il primo gennaio di quest’anno, quando, dopo cinque giorni di manifestazioni continue, fu costretto a derogare l’aumento del prezzo dei combustibili dell’80% (il cosiddetto gasolinazo). Il caso boliviano dimostra come, di fronte ad istituzioni capaci di ascoltare, la mobilitazione cittadina possa essere vincente.