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Dal Rio Bravo alla Patagonia

Ecuador, di nuovo Correa

di Orsetta Bellani

Ecuador, di nuovo Correa

Con il 56,5% dei suffragi, Rafael Correa del partito di sinistra Alianza País è stato rieletto presidente dell’Ecuador, raccogliendo più del doppio dei voti del suo principale avversario, il candidato di destra Guillermo Lasso.
L’economista ecuadoriano, che si è formato in Università europee e statunitensi, ha vinto per la prima volta le presidenziali nel 2007 ed riuscito a resistere al colpo di stato con cui, nel 2010, la polizia cercò di destituirlo.
Correa appartiene alla corrente dei paesi socialisti latinoamericani di cui fanno parte anche Venezuela e Bolivia, è uno dei maggiori promotori dell’integrazione regionale, e ha preso importanti provvedimenti in chiave nazionalista, come far chiudere la base statunitense di Manta ed espellere l’ambasciatrice statunitense dopo le imbarazzanti rivelazioni di Wikyleaks.
Il presidente sudamericano ha rinegoziato il debito estero ecuadoriano e aumentato le tasse alle classi più abbienti, duplicando il volume delle casse statali. Buona parte delle nuove entrate sono state investite in programmi di aiuto alle famiglie più povere e in opere infrastrutturali. Correa ha inoltre aumentato il salario minimo del 40% e distribuisce 50 dollari mensili a 1.200.000 ecuadoriani che vivono in situazione di povertà estrema.
La conquista più grande dell’amministrazione Correa è stata l’approvazione, nel 2008, della Costituzione di Montecristi, riconosciuta come una delle più avanzate del mondo, che prevede il controllo statale su settori strategici come il petrolio e l’estrazione mineraria, stabilisce che l’accesso all’acqua e la sovranità alimentare sono diritti umani e che la Madre Terra ha diritti propri.
Ad ogni modo, le critiche a Correa non sono mancate, soprattutto negli ultimi anni di governo. La destra lo accusa di avere impulsato la riforma della giustizia per poter controllare la magistratura, di aver imbavagliato i media privati e di aver portato lo stato ad avere un eccessivo peso nell’economia, che intimorisce gli investitori.
Le critiche più dolorose arrivano però dalla sinistra ambientalista, dai movimenti sociali e indigeni, e dagli ex alleati come Alberto Acosta, che lo critica soprattutto per non aver saputo incidere sulla concentrazione della ricchezza nel paese, prediligendo programmi assistenzialisti per i più poveri al posto di riforme strutturali, e a causa della repressione contro chi critica il suo governo. “Non crededete agli ambientalisti romantici, chi si oppone allo sviluppo del paese è un terrorista”, ha dichiarato il presidente ecuadoriano alla televisione nazionale.