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'oggi vs un anno fa'

Cosa resterà di buono di questa sciagura?

Un anno fa esatto la fotografia delle Cinque Terre assaltate dai turisti fece il giro del mondo: oggi che i riflettori dei media internazionali si sono spenti, rimaniamo noi. Ad immortalare la differenza e riflettere sul significato di sostenibilità.

Un anno prima e dopo

Quella nata negli anni ’80 e che ha vissuto l’adolescenza nel decennio successivo è l’ultima generazione ad aver conosciuto le Cinque Terre nella versione più autentica. Le cinque perle della riviera spezzina sono sempre state belle e hanno sempre avuto un appeal speciale per chi sapeva coglierlo: non avevano bisogno di alcuna narrazione, di hashtag e non era richiesto loro diventassero delle “stelle” del turismo. Erano, e sono, come i loro abitanti: per capirne la bellezza intrinseca era, ed è ancora, necessario pagare il pegno della loro caratterialità. Uniche, franche, spigolose ma belle e soprattutto “alternative”. Nel senso che non rientravano in alcun modo nel calderone delle mete turistiche che in Italia andavano per la maggiore: lasciando perdere la Versilia e la costa romagnola che nulla c’entravano e nulla c’entrano ancora, i paragoni con Amalfi e la costiera o Taormina erano, allora, impossibili. Le cose però sono cambiate nel giro di dieci-vent’anni e quelle Cinque Terre conosciute da bambini non esistono più.

Se voleste riassaggiarle come in un flashback, al di là dei diversi documentari amatoriali ma molto genuini sulla vendemmia che trovate su Youtube, è possibile farlo di persona (ovviamente quei pochi che lo fanno per lavoro, visti i decreti in atto), andandoci in queste assurde settimane di quarantena: non potevamo dimenticare che un anno fa, esatto, la fotografia delle Cinque Terre era quella che ha scatenato subito dopo un dibattito sul livello dei flussi turistici a cui il piccolo parco dell’estremo levante ligure, era sottoposto, almeno sino all’inizio dell’epidemia. Proprio oggi un anno fa le Cinque Terre si erano prese loro malgrado la ribalta internazionale con una serie di scatti memorabili che non hanno certo contribuito in positivo, anche se gli affari sono stati affari veri finchè s’è potuto: assaltate dai turisti in quel lungo ponte del 25 aprile del 2019 che peraltro quest’anno, se fossimo nella normalità, non ci sarebbe stato. Quell’assembramento, parola che tornerà, fece insomma nostro malgrado il giro del mondo: oggi che i riflettori dei media internazionali si sono spenti, rimaniamo noi. Ad immortalare la differenza e riflettere sul significato di una parola usata e forse (!) abusata: sostenibilità.

Non è che le Cinque Terre siano isolate, semplicemente sono tornate agli anni ’90. Basti pensare alla vicenda ferroviaria: negli ultimi anni il Cinque Terre Express le collegava a Levanto e la Spezia ogni mezz’ora dalla mattina alla sera, con il binario 2 della stazione centrale che ha visto alternarsi milioni di scarpe come la metropolitana di una megalopoli. Tutti dovevano andare là, tutti nei soliti punti, per i soliti motivi e per il solito tempo, perché i viaggi organizzati, perchè i tour operator, perchè le coincidenze, perchè la nave da crociera, etc… Se conosci i cinqueterrini, specialmente quelli d’un tempo, tutto questo nulla c’entra con il loro stare al mondo: ma la vita vissuta, a volte s’impone persino sul dna e così i borghi sono diventati le piazze cosmopolite di tutto il mondo, non più marginali rispetto alla geopolitica economica della regione in cui sono nate, ma, anzi, vero e proprio centro di interessi, seppur stagionale. I pendolari che ieri lasciavano Monterosso per venire a lavorare nelle fabbriche di Spezia, li troveresti vent’anni dopo sugli stessi treni ma con direzioni invertite che smontano dai ristoranti. E oggi? Abbiamo dato un’occhiata al traffico ferroviario: non più il fitto cadenziario delle fermate per i turisti ma una situazione del tutto similare ai primi anni ’90. I numeri parlano chiaro: dalle 8 alle 20 la Spezia e Monterosso sono collegati con dieci treni in una direzione e undici nell’altra. Pochi a bordo, un’unica lingua: l’italiano. Fa impressione.

Come saranno dopo il Covid? Davvero complicato dirlo oggi, ma imprecare e non rifletterci sopra sarebbe una colpa imperdonabile. Di sicuro trasformare il disagio odierno in opportunità sarebbe la sfida da cogliere, lavorando affinchè il post sia decisamente meglio del prima. Sulla terra e dentro il mare, comportandosi come una parte del tutto e non l’unica parte che conta. Le Cinque Terre lo meritano, così come i loro abitanti stanziali: giusto che aspirino a stazioni più confortevoli e sicure, un traffico marittimo consono e non uno schizofrenico avanti-indietro di imbarcazioni sempre più grandi, inquinanti e rumorose. Ma anche impianti di depurazione e fognari, anche e soprattutto per i residenti. Che se non li hanno mai avuti prima d’ora non è detto che debba essere così per sempre.

Che la soluzione sia il numero chiuso? Forse no, ma è giusto farci un ragionamento serio, anche e soprattutto oggi che non arrivano le prenotazioni e si teme un’estate da dimenticare. Forse non sarà il numero chiuso la soluzione ma che si ripensi completamente il modo di arrivare proprio là e il perché voler accedere ad un posto come le Cinque Terre assolutamente sì. E’ il male che vivono tutte le mete turistiche più conosciute, peccato che se Venezia è tutta calle e canali, qui siamo ancora più nello stretto: e la parola assembramenti ritorna di nuovo come nell’immagine di un anno fa… Manutenzione dell’esistente, con le braccia e i progetti, allargamento del pensiero, con lo studio e il confronto: stare bene in un sistema più ampio, sapendo di essere la meta più ambita e vagheggiata. Per la quale si può anche attendere un periodo o un orario migliore, perché ne vale la pena. Godere appieno quell’equilibrio sostenibile (che sembra un po’ la tela di Penelope…), portarsi a casa un bel ricordo e la voglia di tornarci di nuovo. Per scoprire ciò che non si è ancora visto, quella scalinata nascosta che ti apre un altro cielo, un altro mare, un altro pensiero. Perchè saranno piccolissime, a volte claustrofobiche, ma chi ha imparato a conoscerle sa che ci vuole tempo. E’ questione di carattere e il carattere non si cambia.

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