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Humans of cinque terre

"Le poche persone che possono dare del tu al mare non glielo danno"

Leonardo è un subacqueo, recordman di apnea dinamica sotto i ghiacci e fondatore della la Cinque Terre Academy: "Quando m’immergo, generalmente esco da solo. Se devo avere un partner, mi fido solo di mio fratello. C'era lui nel 2008 in Val di Non..."

Leonardo in tenuta subacquea

Il mare, qui, sa di ginestra. È per questo che immergersi qui è diverso da qualsiasi altra parte del mondo. Il senso più stimolato dal mare qui da noi è l’olfatto, la presenza della terra che incombe sull’acqua, il pendersi dei limoni, la tenacia del basilico. L’ultima mia immersione è stata in periodo di lockdown, abbiamo provato una maschera che abbiamo realizzato con un’azienda spezzina, con un filtro, per i vigili del fuoco. Ho deciso di provarla a Manarola perché per me tutto è nato lì. Pensa, la prima immersione mia figlia l’ha fatta lì, a 4 mesi, lo scorso anno: aveva la sua mutina, è stato un gesto di una spontaneità totale. È una sorta di tradizione di famiglia: da generazioni, tutti abbiamo una foto del primo bagno a Manarola. Quando mi sono immerso, ho notato subito un enorme movimento di pesci sotto costa, qualcosa che non avevo mai visto, neppure d’inverno.

Quando ti immergi con le bombole lo fai per guardare fuori, il fondale, la fauna ittica. Quando sei in apnea invece lo fai per guardare dentro di te, è un esercizio di meditazione, e il cervello riprende immagini di anni, anche decenni prima, è un viaggio nel tempo: ti ricordi degli amici dell’infanzia, che riaffiorano dalle onde.
Anche per questo ho deciso di fondare la Cinque Terre Academy, un’associazione per la promozione e la salvaguardia della biodiversità, che parte dalle Cinque terre e guarda a tutto il mondo: il nome è un modo di fare anche da ambasciatore per il nostro territorio, me lo porto dietro in tutte le gare del mondo. Ho anche pubblicato una guida subacquea, si chiama “Cinque terre con le pinne”: ora che ci penso, l’ho presentata ovunque, ma non alle Cinque terre.
La meraviglia si nasconde ovunque, anche in superficie, non è necessario rincorrere gli abissi. C’è uno scoglio sul percorso della via dell’Amore: al suo esterno puoi incontrare pesci pelagici, specie fino a poco tempo fa aliene qui, come i barracuda, i pesci balestra. Nella parte interna puoi a volte ammirare anche i cormorani che pescano, lo spettacolo della quotidianità degli animali terrestri e aerei che si mescolano a quelli del mare.

Le poche persone che possono dare del tu al mare non glielo danno. Del mare, bisogna sempre avere paura.
E comunque la paura non la si elimina mai del tutto. La fobia dello squalo credo sia quasi generazionale per noi. La puoi combattere, sfidare, come quando mi sono immerso al tramonto a Shark Bay, a Sharm el Sheikh, e in mezzo ai coralli, tra i rami immensi, focalizzato sul controllo dell’ansia ho visto una tartaruga gigante che era come una memoria storica del mare, placida. Un’immagine di una serenità che non può non avvolgerti.
Ultimamente la batimetrica delle mie immersioni si è abbassata drasticamente: ora è tra gli 0 e i 35 cm, a livello di mia figlia: vedere la meraviglia del mare coi suoi occhi ti fa capire ancora più chiaramente l’urgenza di preservarlo.
Quando m’immergo, generalmente esco da solo. Se devo avere un partner, mi fido solo di mio fratello. C’era lui con me quando ho fatto il record di apnea dinamica sotto i ghiacci. Gli devo la vita, suo malgrado. Ero giovane, era il 2008, in Val di Non, Lago di Smeraldo.
Mi ero allenato a lungo, alle Cinque Terre, in piscina alla Venere, e alla montagna di noi spezzini, il Cerreto, nelle prime prove sotto il ghiaccio. In un lago ghiacciato ti senti come in un acquario, dai più valore al tuo stesso respiro.

Alla prova generale dell’impresa, la vigilia, mi calai nel buco d’ingresso, ma dopo qualche metro sotto il ghiaccio il moschettone si sganciò, e quindi persi la direzione verso il buco, che era da qualche parte, 43 metri più in là del foro d’entrata. Mentre stavo nuotando nel buio impattai con la schiena con la superficie del ghiaccio, sentivo l’aria dei polmoni diradarsi. A un certo punto quando stavo per perdere i sensi vidi una luce: era la telecamera di mio fratello. Presi l’erogatore di emergenza da lui, e tornai a respirare. La notte non riuscii a dormire, mi svegliavo di continuo, di soprassalto. La mia compagna, che sarebbe diventata mia moglie e la madre di mia figlia, mi tranquillizzò “ma no, non ti preoccupare, ieri è andata benissimo”. Non avevo avuto il coraggio di raccontarle nulla.
Del mare, ma anche del lago, bisogna aver sempre paura.

Leonardo dialoga con Filippo Lubrano
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